Cammini intorno al Lago Omodeo. 26 Febbraio appuntamento ad Abbasanta

Il 15° cammino alla scoperta dei borghi e dei novenari del Guilcier Barigadu, promosso dall’Ufficio della Pastorale del Turismo, tempo libero e sport dell’Arcidiocesi di Oristano, ha visto oltre 70 pellegrini prendervi parte domenica 12 febbraio. La meta di Ghilarza prevedeva la visita ai quattro novenari della cittadina, che conta in tutto 11 chiese e relative 11 novene. La prima tappa è stata Trempu, ovvero Santa Maria Ausiliatrice (1611), lungo la direttrice per Fordongianus; quindi San Michele (1551), San Giovanni (XIX sec.) e San Serafino (XIV sec.), che a ben ragione, va definita la Capitale dei novenari del Guilcier-Barigadu sia per l’antichità, il numero dei muristenes, oltre il centinaio, e per lo scenario con vista sul lago Omodeo.

I 15 gradi dell’incipiente primavera alle porte, ha favorito la nutrita partecipazione di pellegrini, oltre 70, e il cammino lungo le stradine a penetrazione agraria e antiche mulattiere e i muretto a secco che qua e là regalano ai camminanti i primi asparagi selvatici da portare a casa.

Ad accogliere i pellegrini a Trempu, il parroco Padre Paolo Contini e il primo cittadino Stefano Licheri. Padre Paolo, prima della preghiera del pellegrino e la benedizione, ha parlato dell’importanza dei 4 novenari per la comunità di Ghilarza. Ogni novenario è sostenuto e tenuto efficiente grazie all’impegno generoso di tanti che, insieme al priore e al comitato, da generazioni e generazioni provvedono al suo mantenimento e funzionamento perché vi si svolga la festa in onore del santo e si viva un clima di fede, di devozione, preghiera e autentica convivialità. “Il sacerdote – evidenzia Padre Paolo – cura le celebrazioni e la predicazione, a tutto il resto pensano i laici mossi da un gioco di squadra che tutti unisce per un fine che è quello di crescere nella fede e nel sentirsi uniti dagli stessi ideali”. Il sindaco Licheri, dal canto suo, ha rilevato come i giorni della festa e i 4 siti religiosi siano tempi e luoghi nei quali i cittadini di Ghilarza si ritrovano con vero piacere giungendo a cementarsi a livello identitario e a superare eventuali divergenze sorte in precedenza nel paese secondo il detto: “si litiga a Ghilarza per poi far pace nei novenari”. Insomma, i novenari costituiscono una bella realtà anche dal punto di vista sociale, e non solo religioso. La tappa di Trempu è quindi terminata con la visita al muristene di Luciana, sorto per venire incontro alle maestranze dell’erigenda guida di Santa Chiara negli anni 1918-1924 e ad una delle domus de janas. Il gruppo quindi raggiunge il secondo dei novenari: San Michele.

Ottanta i muristenes con facciata lungo i 150 metri del vialetto degli olivi sino a sa cortiza dove si affaccia la chiesa, là dove sorgeva la Vila real de Sanct Miguel de Urri, secondo fonti d’archivio del 1551. Il tempo per dare un’occhiata all’interno della chiesa grazie ad una finestrella sulla porta per scorgere sull’altare la statua dell’arcangelo che schiaccia il diavolo. Segue la preghiera per la terra redatta da papa Francesco e l’impegno a far proprie le buone pratiche della Laudato sì (par. 211). Prima di partire alla volta del novenario di San Giovanni, un assaggio di zeppole dona sapore ai saperi e un gusto gioioso al cammino. Dopo mezz’ora i pellegrini raggiungono il sito. Ad accoglierli il priore Pinuccio, che offre le notizie essenziali sulla chiesa e i giorni della festa di San Giovanni e anche di Santa Maria bambina, che fu ritrovata da alcuni pastori poco più sotto e che nonostante il desiderio di volerle costruire una piccola cappella, non se ne fece nulla tranne dedicarle un giorno di preghiera durante la novena. Lasciato il novenario, i pellegrini hanno affrontato gli ultimi tre km per arrivare a San Serafino, da ritenersi la Capitale delle chiese campestri del lago Omodeo, sia per l’antichità (VII sec.), di epoca bizantina, sia per gli elementi decorativi esterni del prospetto e del fianco meridionale, come la formella con Agnus Dei e l’albero diradicato, ritenuto il più antico stemma del Giudicato d’Arborea, sia per lo scenario sul lago, sia per il numero dei muristenes. Si opta per l’ingresso dall’alto del villaggio così da ammirare in tutta la sua bellezza il novenario, coi suoi tetti in tegola sarda dei 110 muristenes, la facciata della chiesa e sullo sfondo l’ansa del lago che disegna, visto dall’alto, il profilo della testa di un uomo con tanto di cappello, naso e mento pronunciato. Il posto è carico di silenzio e spiritualità. Lo si percepisce ad ogni passo, lungo le stradine, le facciate in basalto, gli olivi, le viti che vi sono adagiate per procurare ombra durante l’estate ai devoti che vi accorrono. San Serafino è un concentrato di arte, cultura, tradizioni, preghiera e sobria bellezza. Si entra in un’altra dimensione. Prevale la lentezza, la possibilità di entrare in contatto profondo con se stessi e con Dio. Qui viene Ghilarza a recuperarsi e a rigenerarsi. Lo fa da secoli e continuerà a farlo. Ma questo posto parla anche a chi non è di Ghilarza, a chi vi giunge per caso o decide di recarvisi quando non c’è anima viva. Qui tutto parla nel silenzio a chi sa ascoltare. E questo silenzio è stato interrotto dapprima dal sindaco per illustrare gli elementi decorativi esterni del fianco meridionale, con la rara figura di Mariano II e dell’albero diradicato, ritenuto il più antico stemma del Giudicato d’Arborea. E poi dall’intervento della dr.ssa Palmas che ha narrato dei 400 soldati austro-ungarici, inviati a lavorare alla diga Santa Chiara. Diversi di questi alloggiavano a San Serafino, che fu militarizzato a tal scopo. Purtroppo, a causa della malaria e della spagnola, ben 12 soldati morirono e per giorni vennero tenuti in un muristene vicino alla chiesa sino a quando il prefetto di Cagliari diede il permesso di inumarli in un luogo recintato. Si optò per lo spazio del portico della chiesa. Durante gli anni di mons. Loi, le loro ossa vennero poi portate nell’ossario del cimitero comunale. Si perse così la loro memoria fino a quando una tesi non riportò in luce la vicenda. Alla ricerca in loco vi prese parte la dr.ssa Palmas che appurò i fatti e le circostanze consegnando alla microstoria del paese e del novenario un ulteriore tassello storico su San Serafino. La serata si è conclusa con un rinfresco offerto dalla comunità con i classici dolci della tradizione del carnevale.

Il 16°e terz’ultimo cammino vedrà i pellegrini impegnati a scoprire domenica 26 febbraio il novenario di Sant’Agostino di Abbasanta, l’azienda di Tanca Regia e il celeberrimo nuraghe Losa. Maggiori info su www.camminodelagomodeo.it

Condividi questa notizia: